Per risparmiare gas
serra, molto più potente mangiare "vegetale" che "locale".
Uno studio di due
ricercatori della Carnegie Mellon University, pubblicato nel numero di aprile
2008 della rivista scientifica Environmental Science and Technology, mostra che
"comprare locale" ha un'importanza limitata, per risparmiare
gas serra, mentre è molto più "potente" la scelta di consumare
cibi vegetali anziché animali, consentendo un "risparmio" fino
a 8 volte maggiore.
I motivi dello studio
Gli studi sul
"consumo sostenibile" offrono ai consumatori un numero sempre
crescente di informazioni relative all'impatto sull'ambiente in generale, e sul
clima in particolare, delle loro scelte di consumo. Molti di questi studi hanno
concluso che l'impatto dei singoli individui è dovuto a tre fattori
principali: il cibo, l'energia usata in casa, e i trasporti.
I ricercatori della
Carnegie Mellon, Christopher Weber e Scott Matthews, affermano che di questi
tre fattori, quello del "cibo", cioè di che cosa ciascuno sceglie
di mangiare, è il più "potente", perché:
è quello che in
termini quantitativi ha il maggior impatto.
Ha il maggior
livello di scelta personale, perché non dipende dalle normative, dalla
disponibilità di mezzi pubblici o di fonti di energia alternative, ecc. Sul che
cosa mangiare il singolo consumatore ha pieno potere.
Si può applicare
già subito, non è a medio o lungo termine come possono esserlo altri
aspetti che implicano cambiamenti nelle infrastrutture, nei beni disponibili,
nella tecnologia usata.
Tra i vari consigli
sul come scegliere il cibo, negli ultimi anni si è fatto strada quello di
"mangiare locale": nel 1995 è stato coniato il termine "food-miles",
che potremmo tradurre come "km-cibo", che misura quanto il cibo
viaggia dalla sua produzione al consumatore finale. Maggiore sono i
"km-cibo" di un dato alimento, maggiore è il suo impatto negativo
sull'ambiente, e il consiglio è quindi quello di consumare cibi prodotti il
più vicino possibile, per risparmiare km-cibo.
Lo studio di
Christopher Weber e Scott Matthews ha voluto però misurare quanto
davvero impatta sul risultato finale il viaggio dal produttore al
consumatore, rispetto ai costi totali (in termini ambientali) di produzione
del cibo, per capire se conviene davvero puntare sul "consumare
locale" o piuttosto su altri aspetti. Il loro studio ha quindi considerato
l'intero ciclo di vita della produzione dei cibi, dalla produzione delle
materie prime, al trasporto, fino all'arrivo sulle nostre tavole e ha calcolato
in particolare l'impatto sull'effetto serra di tutti questi passi.
I risultati: locale "contro" vegetale
Il risultato,
pubblicato ad aprile 2008 sulla rivista Environmental Science and Technology, è
stato che le emissioni di gas serra (non solo di CO2, ma di tutti i gas che
contribuiscono all'effetto serra) associate al cibo sono dominate dalla fase di
produzione, che contribuisce per l'83%, piuttosto che dal trasporto
delle materie prime, che contribuisce per l'11%, o dal trasporto finale
dal produttore al consumatore, che contribuisce solo per il 4% (ed è questo
che viene considerato nel calcolo dei km-cibo).
Il che significa
che "comprare locale" può contribuire solo per un 4-5% al risparmio
nell'emissione di gas serra. Risparmi davvero rilevanti si ottengono
solo scegliendo invece i cibi che, nella fase di produzione - che è quella che
impatta davvero - sono più "convenienti", cioè i cibi vegetali.
Gas serra emessi
per la produzione di cibo
In questo grafico
possiamo chiaramente vedere quanto l'effetto serra causato dalla produzione di
carne, pesce, uova e latticini (i cosiddetti "cibi animali") sia
maggiore di quello causato dalla produzione di vegetali. Carne, pesce e uova
impattano sul totale per il 40%, i latticini per il 18%, i cereali per l'11%,
la frutta e i vegetali per l'11%, le bevande per il 6%, gli oli per il 6% e
rimane poi un 8% di "altro".
Carne, pesce, uova e latticini sono responsabili di oltre
la metà delle emissioni di gas serra per la produzione di cibo, quasi il triplo
di quelle derivanti dalla produzione di cereali, frutta, verdura (gli
ingredienti di base dell'alimentazione vegetariana).
Misuriamo i km-cibo
I ricercatori hanno anche calcolato i km-cibo per le
varie categorie di alimenti e scelte di consumo. Per dare una definizione
applicabile alla vita di tutti i giorni a questi risultati, hanno calcolato i
"km equivalenti" dei vari tipi di scelta, cioè i km che si dovrebbero
fare in auto per produrre la stessa quantità di gas serra ottenuti invece dalla
produzione o dal trasporto del cibo. O, per dirla in un altro modo, i km che si "risparmiano",
in termini di gas serra, decidendo di comprare i prodotti locali, e quelli che
si risparmiano scegliendocerti tipi di cibo al posto di
altri.
invece
Ed ecco i risultati.
In una famiglia media, scegliendo di comprare solo prodotti locali per un anno
intero, si "risparmiano" 1600 km.
Scegliendo di mangiare cibi esclusivamente vegetali anche per un solo
giorno la settimana, si risparmia già di più, 1860 km.
Scegliendo di mangiare cibi esclusivamente vegetali per tutto l'anno,
si risparmia molto di più, quasi un ordine di grandezza: 13.000 km.
Il che significa che l'alimentazione
100% vegatale è otto volte più potente di quella "locavora"
(cioè che prevede solo consumi di prodotti locali), in termini di risparmio di
emissioni di gas serra.
Non solo gas serra
Va notato che il consumo diretto di alimenti vegetali,
piuttosto che la produzione di vegetali da usare come mangime per animali da cui
si "ricavano" i "cibi animali" (carne, pesce, latte, uova),
è benefico per l'ambiente non solo per prevenire l'effetto serra, ma anche per
molti altri aspetti che questo studio non ha preso in considerazione: sono
tante le ricerche e i dossier di istituzioni sovrannazionali che mostrano come
con un'alimentazione a base vegetale,
o per lo meno con una drastica diminuzione del consumo di alimenti animali, si
possa alleggerire moltissimo la nostra "impronta
ecologica" sul pianeta.
Questo nuovo studio sui gas serra ne è solo l'ennesima
riprova.
Preparando i nostri piatti con ingredienti vegetali
anziché animali si può risparmiare,
nel processo di produzione, fino al 90% dell'energia e dell'acqua,
oltre il 90% dei vegetali coltivati e delle terre
coltivabili, per non parlare della drastica riduzione nell'uso di sostanze chimiche
(fertilizzanti, erbicidi, pesticidi) e dell'eliminazione del problema enorme
dello smaltimento delle deiezioni
degli animali d'allevamento (sotto forma di liquami altamenti inquinanti).
Conclusioni: sì locale, ma ancora di più vegetale!
Questi dati non devono servire a concludere che non sia
importante "consumare locale": ogni abitudine positiva per il
risparmio energetico, anche se impatta in modo blando, è giusta e va sostenuta.
Ma i risultati dello studio ci dimostrano che, se è giusto seguire questa
"buona norma", a maggior ragione è giusto e importante imparare una
sana abitudine che ci fa risparmiare molto di più,
fino a 8 volte tanto: l'abitudine a diminuire il più possibile il
consumo di carne, pesce, latte, uova - fino anche
all'eliminazione totale, perché maggiore è la diminuzione, maggiore è il
guadagno per l'ambiente. (http://www.nutritionecology.org/)
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