|
| Articoli a scelta casuale
| |
|
|
|
| | |
|
I celiaci mangiano sano?
Si stima che Italia un soggetto ogni 100/150 persone
soffra di "celiachia", ossia
di intolleranza permanente alla sostanza proteica
(glutine) presente in avena, frumento, farro,
kamut, orzo, segale, spelta e triticale.
Ma le stime sono in continua crescita. Secondo
i dati dell'AIC (Associazione Italiana Celiachia
), i casi diagnosticati sono 35 mila ma
potenzialmente sarebbero 400 mila.
Ogni anno vengono effettuate cinque mila nuove
diagnosi ed ogni anno nascono circa 3000 nuovi
celiaci, con un incremento annuo del 9%.
L'incidenza sociale di questa intolleranza
è notevole se si pensa che essa rientra
tra le patologie rare coperte dal servizio di
assistenza sanitaria pubblico. Ciò vale
sia per quanto riguarda l'iter diagnostico (dai
dosaggi sierologici degli anticorpi alla biopsia
dell'intestino tenue) che per i controlli e la
dieta. I celiaci devono infatti escludere gli
alimenti più comuni, quali pane, pasta,
biscotti e pizza, e sono costretti ad acquistare
in farmacia i prodotti gluten free, il cui costo
è notevolmente elevato. Il Ministero della
salute li autorizza e ne garantisce l'erogazione
gratuita. Inoltre attiva gli interventi idonei
non solo per ciò che concerne la prevenzione,
la diagnosi e la cura della malattia, ma anche
per quanto concerne il diritto all'informazione.
Il celiaco deve osservare un'ampia gamma di prescrizioni
per alimentarsi ma anche se deve assumere medicine.
Le aziende farmaceutiche si sono impegnate ad
indicare con chiarezza nel foglietto illustrativo
l'eventuale presenza del glutine. Tuttavia lo
stesso non è avvenuto per i prodotti alimentari.
Il problema di una corretta etichettatura
è centrale per garantire la sicurezza
alimentare di questa fascia di popolazione.
Pur eliminando i cereali che naturalmente contengono
glutine, i celiaci corrono il rischio di intossicarsi
inconsapevolmente perché le industrie
lo utilizzano come addensante in molti preparati
e non c'è nessuna norma che ne regolamenti
l'uso. L'Associazione Italiana Celiachia (AIC)
ha sensibilizzato le ditte produttrici e ogni
anno stila un Prontuario nel quale sono elencati
per categoria gli alimenti sicuri e quelli che
invece contengono la proteina. L'Associazione
si pone come principale obiettivo quello di
soddisfare le esigenze dei propri associati
e partecipa alle campagne di formazione ed informazione
con le ASL e le università. Ma il suo
ruolo è in continua evoluzione, considerando
il peso che può avere nel definire le
linee di sviluppo della ricerca sulle malattie
genetiche. A tal fine ha creato al suo interno
un comitato scientifico ed una task force che
si preoccupa di fare lobby tra le istituzioni
e cercare nuove fonti di finanziamento (quali
Telethon o le stesse ditte dei prodotti gluten
free).
I prodotti dietetici gluten free impiegano
in prevalenza farine di riso e mais e sono forniti
per la maggior parte da case farmaceutiche che
non garantiscono una filiera libera da Ogm .
Ciò costituisce motivo di allarme considerato
che la maggior parte del mais è importato
da paesi dove è diffusa l'agricoltura
transgenica. Fare affidamento sulle dichiarazioni
di Responsabilità sociale d'impresa non
si rivela altrettanto rassicurante. Qualche
anno fa, ad esempio, analisi condotte sulle
paste speciali per celiaci hanno riscontrato,
in uno dei campioni (gli spaghetti senza glutine
Glutafin della ditta Nutricia), la presenza
di glutine in misura superiore a quanto suggerito
dalla comunità scientifica.
Per le industrie il celiaco e il suo indotto
rappresentano un'interessante segmento di mercato,
tanto più con l'incremento esponenziale
delle diagnosi che si prevedono per il prossimo
futuro.
Le ditte, allettate dalle possibilità
offerte dal brevetto, si stanno sempre più
orientando verso le applicazioni biotecnologiche.
Il settore si rivela promettente sia sul piano
della ricerca del farmaco ma anche per quanto
riguarda il miglioramento degli alimenti dietetici.
Le aziende farmaceutiche stanno investendo per
la messa a punto di un vaccino e/o di una pillola
capace di bloccare l'effetto tossico del glutine.
Alcuni comparti sembrano voler emerge nel settore
attraverso investimenti importanti nella ricerca
scientifico-alimentare, creando partenariati
con enti di ricerca che operano nei parchi scientifici
di eccellenza.
Durante l'ultimo convegno organizzato dall'ENEA
"Agroindustria e biotecnologie. La ricerca
incontra l'impresa" è stato presentato
infatti un progetto di ricerca mirato agli intolleranti
al glutine. Si tratta di un riso transgenico
in cui i geni del frumento dotati della capacità
di lievitare sono stati trasferiti nel DNA del
riso.
I semi della futura farina di riso che lievita
sono stati già brevettati a livello nazionale
e si punta ad ottenere quello internazionale.
Tra i partners del progetto figurano PLANTECHNO
(gruppo privato fondato nel 1995 da ricercatori
per creare prodotti di ingegneria genetica alle
industrie sementiere e della trasformazione),
TECHNOALIMENTI (società per lo sviluppo
e il miglioramento di prodotti e/o tecnologie
afferenti al Settore Alimentare), e la PROGEO
(che vanta un suo sistema di certificazione
Ogm-free!) .
La coincidenza tra gli interessi degli scienziati
(ottenere i finanziamenti per le ricerche) e
le priorità dell'industria (brevettare
un prodotto dalla forte attesa sociale) ha di
fatto relegato in secondo piano il problema
del danno e della responsabilità su ciò
che si va ad innovare.
Questo vale non solo per gli sviluppi futuri
del settore agroalimentare e farmaceutico ma
anche per il passato prossimo. Non esistono
infatti ricerche, soprattutto pubbliche visto
che quelle private si concentrano su soluzioni
di ingegneria genetica brevettabili,
che vadano ad indagare le cause dell'incremento
progressivo della celiachia. Alcuni studiosi
ritengono, ad esempio, che all'origine della
intolleranza ci possa essere un procedimento
di modifica del DNA del grano: il professor
Scarascia Mugnozza, attuale presidente della
Accademia delle scienze di Roma, decise di irraggiare
le sementi del Cappelli con neutroni in modo
da ottenere una mutazione che avesse caratteristiche
più favorevoli. Il grano creso ottenuto
oggi rende conto di circa il 90% della produzione
nazionale di grano duro e pare renda circa 600
miliardi l'anno.
A sostenere tale teoria è il prof. Luciano
Picchiai, Ricercatore del Consiglio Nazionale
delle Ricerche presso l'Istituto di Anatomia
Patologica dell'Università di Milano,
e fondatore del centro di eubiotica di Milano
che ha fatto studi proprio sul collegamento
tra grano "nanizzato" e celiachia. Nicoletta De Cillis
Consiglio dei Diritti Genetici
Fonte: http://www.greencrossitalia.it/ |
Categoria: Salute | Aggiunto da: paradisiverdi (29.08.2008)
|
Visto: 5435
|
Commenti in totale: 0 | |
|
|
|
Discutiamo insieme questo articolo nel FORUM
| |
| | |
|
|
| Il pulsante di Paradisi
| |
Se volete fare uno scambio di banner o link, cliccate qui! |
|
|