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Solstizio d'Estate - Una festa della natura
21 giugno, Solstizio d’Estate: in questo giorno – conosciuto come il più lungo dell’anno – il sole culmina allo zenith, ovvero si trova nel punto più alto della volta celeste.
Da un esame di una tabella dei tempi dei solstizi si può verificare che il fenomeno ritarda di circa sei ore ogni anno (5 ore, 48 minuti e 46 secondi per la precisione), salvo subire un nuovo riposizionamento indietro ogni quattro anni, in conseguenza degli anni bisestili, introdotti proprio per evitare un progressivo disallineamento delle stagioni con il calendario. A causa di queste variazioni può capitare che il solstizio astronomico cada il 20 o il 21 giugno per l'estate nell'emisfero nord o il 21 o 22 dicembre per l'inverno nell'emisfero nord.
Le giornate solstiziali nelle tradizioni precristiane erano sacre e ancora oggi ciò si riflette in una festività cattolica che cade qualche giorno dopo il solstizio canonico, al 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista. Va detto che i moderni gruppi neopagani e neodruidici celebrano tuttora il giorno di “Midsummer” (Mezza Estate, per citare Shakesperare) e i riti solstiziali che si svolgono in particolare a Stonehenge richiamano sempre migliaia di persone.
I giorni solstiziali includono alcune fra le celebrazioni più popolari dell’Occidente e poiché il sole trionfa nel cielo, le antiche tradizioni collegavano questo periodo dell’anno con la comunicazione diretta fra visibile e invisibile.

Il gran numero di usanze e di piccoli rituali ancora oggi vivi in tutta Europa testimoniano che il solstizio estivo, insieme a quello invernale, resta uno dei periodi più amati e profondamente intessuti nella cultura popolare. E ai vecchi nomi ne subentrano di nuovi... per esempio, nell’antica Roma i due solstizi erano consacrati a Giano bifronte, il dio guardiano delle soglie e dei passaggi. Oggi (non è un caso) troviamo i due Giovanni, il Battista presso il solstizio d’Estate e l’Evangelista presso quello d’Inverno.
I popoli antichi chiamavano i due solstizi “porte”: Porta degli Dèi o degli Immortali quello invernale, Porta degli Uomini quello estivo. Scrive Alfredo Cattabiani (in “Lunario”): «Omero descriveva nell’Odissea un misterioso antro dell’isola di Itaca nel quale si aprivano due porte. Il poeta spiegava che la porta degli uomini è rivolta a Borea, cioé a Nord (e infatti al solstizio estivo il sole si trova a nord dell’equatore celeste), mentre quella degli dèi e degli immortali è volta a Noto, ovvero a sud, perché l’astro al solstizio invernale si trova a sud dell’equatore.»

Il termine “Solstizio” significa “Sole stazionario” e indica che in questo momento astronomico l’astro non si alza né si abbassa rispetto all'equatore celeste. Nell’esatto mezzogiorno astronomico le ombre degli edifici e dei pali scompaiono del tutto; sempre in quest’occasione, al tropico del Cancro è possibile osservare l’immagine del disco solare nel fondo dei pozzi, riflesso dall’acqua anche a decine di metri di profondità e lo stesso fenomeno si ripete il 21 dicembre (solstizio d’inverno) al tropico del Capricorno.
Un riferimento astronomico molto importante, come abbiamo visto è l’equatore celeste. Si tratta della proiezione (immaginaria) sulla volta celeste dell’equatore terrestre: è un semicerchio e mostra il percorso del sole. Durante gli equinozi (primavera e autunno) si ha parità fra giorno e notte: dodici ore di luce e altrettante di buio. In tutti gli altri giorni dell’anno il percorso giornaliero del Sole è parallelo all’equatore celeste: in primavera ed estate si ha un percorso maggiore dell’equatore celeste, quindi il giorno prevale sulla notte, in autunno e inverno accade esattamente il contrario.

Il fascino della festa patronale dedicata a S. Giovanni risiede ancora oggi nei fuochi che si accendevano (e da qualche parte tuttora si accendono), facendo ardere mucchietti di resina, per andare poi a osservarli da lontano, la sera. Fino a qualche decennio fa, i fuochi di San Giovanni venivano accesi in tutta la Valle Camonica, soprattutto dai paesi collocati più in alto, in modo che potessero essere ben visibili da lontano. Questi falò continuano la tradizione di antichi riti pagani legati al solstizio d'estate: sono praticati dall'Irlanda alla Russia, dalla Svezia alla Grecia e alla Spagna. Documenti del XVI secolo testimoniano tale consuetudine in quasi tutti i paesi della Germania; i rituali intorno al fuoco erano connessi alla fertilità del raccolto, alla salute, alla buona sorte, a proteggere dai fulmini. In Austria, nel Salzkammergut e nella zona di Bad Goisern vicino ad Hallstatt (culla dei Celti della prima Età del Ferro) si usa ancor oggi accendere grandi falò sui fianchi delle montagne la sera del 23 giugno; celebrazione analoga è lo Highlight, un immane falò solstiziale che viene acceso a Schwarzenbach durante il Keltenfest, la festa dei Celti. Nell’antica Gallia, durante i giorni solstiziali si accendevano i fuochi sui monti dedicandoli al dio Bel (leggi pagina dedicata a Beltane).

Trascorrendo la notte nelle piazze e in campagna, presso fonti e fiumi, non solo si cantava e si danzava per tutta la notte, ma si prediceva la sorte e si raccoglievano erbe e foglie che venivano battezzate nelle acque da compari e comari, per essere poi devotamente appese in casa, appese alle pareti, per un intero anno.
Le erbe raccolte nella notte di S. Giovanni erano ritenute speciali, le più adatte per preparare pozioni magiche e medicamentose, potenti filtri, e per preparare incantesimi. Non va considerata un’idea superstiziosa, ma piuttosto la consapevolezza (dovuta anche alla pratica) che solo in alcuni giorni dell’anno era possibile ottenere i massimi principi attivi (effetto balsamico) dai poteri vegetali. Le tradizioni erboristiche antiche rivelano infatti una matura conoscenza della fitoterapia e soprattutto la capacità di creare una simbiosi favorevole con la natura. In questa magica notte, oltre alla raccolta delle erbe, era d’uso anche bagnarsi gli arti sofferenti con la rugiada. Uomini e donne che rotolavano nudi nei prati per assorbire il potere della rugiada di S. Giovanni crearono un’atmosfera facilmente demonizzabile dall’autorità ecclesiastica, che in questa pratica individuò una manifestazione stregonesca. A tale proposito, si ricorda un Editto pubblicato a Roma il 17 giugno 1755, dal Vicario Marco Antonio Colonna, il quale avvertiva di vigilare e contenere gli «abusi che si commettono nella notte della vigilia di San Giovanni Battista» ricordando che «contro i trasgressori si procederà anche per inquisizione».
Concludiamo con i fiori cari a San Giovanni: l'artemisia, l'arnica, le bacche rosso fuoco del ribes, l’erica e la verbena, della quale è credenza diffusa che, colta a mezzanotte della vigilia di San Giovanni, costituisca un'infallibile protezione contro i fulmini, ed è conosciuta in Bretagna come “erba della croce”, perché si ritiene che protegga chi la porta con sé da qualsiasi male; è nota anche come "erba della doppia vista" perché il berne un infuso facilita la visione di realtà altrimenti nascoste.

(Tratto da: it.wikipedia.org/ e www.trigallia.com/)


Categoria: Storia e tradizioni | Aggiunto da: paradisiverdi (21.06.2009)
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